Wednesday, April 23, 2008

«Via il direttore, do io la linea»


L’impero Il magnate vuole acquistare anche il tabloid Newsday
Murdoch e il Wall Street Journal
L’editore interviene: la Nato può fare a meno dell’Europa
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
NEW YORK — Nuovo colpo di scena al Wall Street Journal. Ieri il direttore Marcus Brauchli ha rassegnato le dimissioni, solo quattro mesi dopo che il prestigioso quotidiano finanziario controllato dalla Dow Jones è stato acquistato dalla News Corp. di Rupert Murdoch al prezzo di 5,16 miliardi di dollari.

«È arrivato il momento per considerare nuove possibilità di carriera», ha detto il successore di Paul Steiger che avrebbe deciso di gettare la spugna a causa di dissapori con la proprietà. Gli stessi che hanno già portato alla defezione di numerosi redattori da quando Murdoch (che si vanta di avere un impero multimediale dove non tramonta mai il sole) ha annesso il Journal alla sua sterminata galassia internazionale di quotidiani e tv. Nonostante la versione ufficiale parli di partenza «amichevole», fonti anonime confermano al New York Times che si è trattato di un «addio forzato». Il prestigioso quotidiano della famiglia Sulzberger ha buoni motivi per ritrarre la redazione del rivale come una ciurma ammutinata. Il «nuovo » Wall Street Journal di Murdoch ha debuttato proprio ieri con un mix potenziato di politica, cronaca, opinioni e cultura, che si prefigge di fare una concorrenza spietata proprio al New York Times. Ma mentre il settimanale Newsweek parla addirittura di «una guerra dei media tra Sulzberger e Murdoch come ai tempi di Hearst e Pulitzer », a tremare sono anche le altre testate storiche della piazza newyorchese, a causa di quello che è stato definito «l’attacco a tenaglia dell’australiano sulla capitale mondiale dei media: New York».

Non contento di possedere l’influente stazione tv Fox, vicina ai repubblicani e strumentale nel portare Bush alla Casa Bianca, Murdoch sta ultimando l’acquisizione di Newsday, il quotidiano vincitore di molti Pulitzer e considerato il «tabloid delle persone colte».

Ai sempre più numerosi nemici del magnate australiano non è andato a genio aprire il Journal, ieri mattina, ritrovando nella pagina degli editoriali un articolo firmato dal padrone: il testo di un discorso tenuto la sera prima a Washington da Murdoch per perorare con toni da premier l’allargamento della Nato a Paesi come l’Australia, Israele e il Giappone, a suo giudizio più solidali con i principi e le finalità dell’Occidente di quanto ormai lo sia Europa, che «non ha più né la volontà politica, né il senso civico per sostenere un impegno militare per difendere se stessa e i suoi alleati».

Secondo il rivale Financial Times «la vicenda potrebbe riaccendere il dibattito sulla gestione da parte di Murdoch di uno dei più prestigiosi quotidiani mondiali», rafforzando i timori sull’indipendenza editoriale della testata. Il comitato editoriale del Journal, costituito per vigilare sull’indipendenza del giornale come condizione per l’acquisto da parte di Murdoch, si è riunito d’urgenza dopo l’annuncio delle dimissioni di Brauchli.

Alessandra Farkas

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